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Com'è fatto un ginocchio?

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Com'è fatto un ginocchio?

Il tema di oggi è il ginocchio e voglio raccontarvi come è fatto. Sapere come è fatto un ginocchio, fa capire molte cose per esempio quale è la patologia più frequente nei calciatori che è la frattura del menisco, i problemi legamentosi, la rottura del legamento crociato, quali sono i legamenti collaterali e cosa succede invece al ginocchio che si ammala perché va incontro ad un fenomeno degenerativo, cioè invecchia come succede con l’anca di cui ne abbiamo già parlato nel precedente articolo.

 

Quello che ho qui con me è un modellino fatto in un materiale plastico da un’azienda che si chiama Aid for Med. Questo modellino di ginocchio rappresenta già un ginocchio con artrosi e con gli osteofiti, di cui parlavamo nello scorso video sull’anca. Questo modellino è l’esempio di come si può con una tac o una risonanza dedicata, può ottenere una stampa in scala 1:1 quindi delle dimensioni esatte del ginocchio che andremo ad operare, utilizzando le stampe 3D. Racconteremo poi i vantaggi di poter avere in mano il ginocchio che dovremmo operare il giorno dopo, ma ne parleremo più avanti quando parleremo della pianificazione dell’intervento chirurgico.

Ecco come è fatto il ginocchio?

Noi diciamo che il ginocchio di per se è fatto da tre articolazioni: femore, tibia e perone. Qui davanti abbiamo la rotula. Ma perché diciamo tre articolazioni, perché noi consideriamo un comparto interno quindi femore tibiale interno, femore tibiale esterno e femore rotuleo cioè il rapporto che c’è tra il femore e la rotula che scorre sul ferro e quello che noi chiamiamo apparato estensore. L’apparato estensore merita di essere considerata un’articolazione a parte perché gran parte dei problemi di quando si ammala un’articolazione arrivano dall’articolazione femoro rotulea. Gran parte, infatti, dei problemi nei pazienti più giovani che hanno sofferenze cartilaginee, provengono proprio da questa articolazione. Quindi ripetiamo, il comparto interno femoro tibiale interno, femoro tibiale esterno e femoro rotuleo. Quindi abbiamo tre comparti di questo ginocchio.

Il ginocchio ha dei legamenti che lo tengono in asse che sono il legamento collaterale interno, il legamento collaterale esterno e all’interno del legamento ovvero in quella che si chiama gola intercondilica perché le protuberanze si chiamano condili (condilo femorale interno, condilo femorale esterno).

All’interno della gola intercondilica, si incrociano due legamenti che permettono di dare stabilità al ginocchio in antero-posteriore e che sono i legamenti crociati: il legamento crociato anteriore che si trova davanti e il legamento crociato posteriore.

Infine abbiamo il nostro apparato estensore a cui fa capo la rotula ed ha un grande tendine importante che è il tendine che lo collega al muscolo del quadricipite, il tendine tibiale che lo collega a quella che noi chiamiamo tuberosità tibiale e due legamenti che sono quelli alari che tengono stabile lo scorrimento della rotula sul femore quando noi facciamo il movimento di flesso estensione del ginocchio che noi chiamiamo trekking rotuleo.

In mezzo all’articolazione, nello spazio esterno ed interno, abbiamo due menischi che sono il menisco interno e il menisco esterno con due fibrocartilagini molto importanti perché fungono da ammortizzatori del ginocchio. Questi legamenti sono molto importanti tant’è che una volta, quando un paziente aveva un problema meniscale, veniva tolta parte menisco ma da una parte questo fenomeno faceva rischiare il crollo di un comparto esterno ed interno dando un’artrosi precoce. Infatti da noi protesti hanno cominciato a venire pazienti che tempo fa avevano fatto una rimozione totale del menisco che si faceva, come diciamo noi, in artrotomia cioè aprendo il ginocchio.

Quando abbiamo capito che un tempo veniva considerato bravo chi toglieva tutto il menisco, adesso è meglio toglierne il meno possibile. Ecco perché con una procedura che si chiama artroscopia eseguita facendo due piccoli fori davanti, si entra all’interno del ginocchio e si toglie solo una parte del menisco che è quella consumata ovvero la meniscectomia. Se vi mostro dal modellino la tibia dall’altro senza il femore, vedrete quello che noi chiamiamo piatto tibiale interno e il piatto tibiale esterno. La fibrocartilagine meniscale sia all’esterno che all’interno è come una “C” che segue il bordo, la parte che si attacca al bordo del piatto tibiale è vascolarizzata non è mai quella che si rompe. La parte che si rompe è quella che sta all’interno cioè quella che accetta in articolazione e questa parte quando si rompe non si ripara perché non essendo vascolarizzata, lascia si che i due lembi rotti possano beare all’interno dell’articolazione; a seconda di come si muovono questi lembi meniscali, il paziente ha più o meno dolore, tanto è vero che noi abbiamo pazienti che si rompono il menisco e vengono da noi per essere operati e poco prima dell’intervento, ci dicono di non avere più dolore ciò perchè, probabilmente, si sono messi in giusta posizione ma sono candidati a muoversi nuovamente proprio perchè, come dicevo prima, non essendo vascolarizzati, questi due pezzi non si attaccano.

Che cosa può succedere se due lembi menischi rotti si attaccato?

Avviene quello che noi chiamiamo blocco articolare e in quel caso è necessario un intervento di urgenza proprio perché l’articolazione si blocca. Esistono due tipi di rottura del menisco che è una delle più diffuse. Si sente parlare di rottura meniscale nel giovane calciatore che ha un trauma, il più delle volte torsionale che rompe il menisco. In questo caso è sufficiente quindi in questo caso fare due fori davanti inserendo una sorta di pennetta che rimuove solo la parte del menisco rotto affinché il giovane o lo sportivo, avendo quindi una buona cartilagine della restante parte del ginocchio, possa tornare a fare sport. Nel soggetto adulto, invece, la rottura del menisco che il più delle volte avviene spontaneamente è sempre associata alla sofferenza della cartilagine. Questo è molto importante per sapere come dobbiamo trattare questo tipo di patologia, infatti se noi trattassimo in artroscopia per esempio un paziente sulla settantina per un menisco rotto come tratteremo un giovane, andremo sicuramente incontro ad un insuccesso. Ecco perché oggi l’artroscopia è una procedura che rimane confinata tra le rotture meniscale su base traumatica ma quelle su base degenerativa ovvero le ultime di cui vi ho parlato, vengono affidate ad una chirurgia importante di cui parleremo la prossima volta. Quindi è molto importante sapere la causa ovvero l’eziopatogenesi di una rottura meniscale e capire qual è la condizione dell’osso della cartilagine e sapere l’età del paziente per procedere alla scelta del giusto trattamento.

Il ginocchio, come questo che vi mostro dal modellino è normoassiato ovvero che ha il suo normale asse e quindi lavora in modo corretto. Quando il ginocchio si consuma, così come abbiamo precedentemente detto per l’anca, l’osso si sclerotizza ovvero si addensa sotto la cartilagine consumata. Quando non ci riesce, produce dei becchi che si chiamano osteofiti che vanno a ridosso dei legamenti e oltre ad avere dolore, il paziente nell’ultima fase, ha anche un’ allentamento dei legamenti tale per cui il ginocchio, nella maggioranza dei casi, diventa varo ovvero si sposta sotto carico a parentesi (verso l’esterno) o, in pochi casi, diventa valgo (verso l’interno).

È molto importante sapere cosa c’è dietro l’eziopatogenesi di un ginocchio varo o valgo perché ciò cambia la tipologia di trattamento.

Vorrei darvi un’ultima informazione che riguarda il ginocchio varo, ovvero il ginocchio artrosico più frequente, di presenta in prima osservazione perché è più doloroso mentre invece il ginocchio valgo, ossia la gamba a “X”, porta il paziente a sopportare di più il dolore e quindi a venire alla nostra osservazione più tardi.

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